A che punto è la Conferenza sul futuro dell’Europa?

A che punto è la Conferenza sul futuro dell’Europa?

Federico Fabbrini
   

Commento n. 243 - 8 febbraio 2022 

Il 3 febbraio scorso, nel suo messaggio al Parlamento nel giorno del giuramento a seguito della sua rielezione come Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha enfatizzato il ruolo dell’Italia nell’Unione europea (UE) e affermato che “la Conferenza sul futuro dell’Europa non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica ma deve essere l’occasione per definire, con coraggio, una Unione protagonista nella comunità internazionale”.

La Conferenza sul futuro dell’Europa è un’iniziativa ideata dal Presidente francese Emmanuel Macron, nel marzo 2019, per rilanciare il progetto d’integrazione europea dopo Brexit (l’uscita del Regno Unito dall’UE). Avviata con molto ritardo, a causa della pandemia, solo nel maggio 2021, e da ultimarsi – salvo imprevisti – nel maggio di quest’anno, la Conferenza sul futuro dell’Europa ha ormai effettuato il giro di boa.

Allo stato attuale, infatti, si sono ormai ultimati i lavori di due dei quattro panel europei di cittadini – il panel 2 relativo a “Democrazia europea/Valori e diritti, Stato di diritto, sicurezza”, e il panel 3, su “Cambiamento climatico e ambiente/Salute” – e si sono svolte già tre sedute della plenaria della Conferenza, incaricata di prendere le decisioni principali, incluso dare seguito alle raccomandazioni dei panel cittadini.

Alla luce di questi sviluppi, è benvenuto l’invito da parte del Presidente della Repubblica a fare in modo che la Conferenza sul futuro dell’Europa sia vera occasione di riforma per l’UE – come peraltro richiesto ripetutamente dal Parlamento europeo – e non pura operazione cosmetica – come invece vorrebbero molti stati membri nel Consiglio dell’UE. Tuttavia, a questo punto sembrano opportune anche alcune valutazioni intermedie sull’iniziativa.

Come scrivevo l’anno scorso, la Conferenza è un processo con potenzialità ma anche problemi. L’idea di ricorrere alla democrazia partecipativa per riflettere sul futuro dell’UE costituisce un’innovazione rispetto a precedenti quali la Convenzione sul futuro dell’Europa, che crea forse l’opportunità di superare l’inerzia istituzionale dell’UE. Essa, tuttavia, si apre anche ad una serie di rischi, legati alle difficoltà della partecipazione popolare su temi complessi e del populismo.

L’analisi delle raccomandazioni approvate dal panel 2, in materia di democrazia, mette in luce questa contraddizione. Il panel – composto da 200 cittadini di tutta Europa selezionati secondo modalità random, e divisi in cinque sottogruppi di lavoro tematici – si è incontrato per tre fine settimana sia in presenza che da remoto, ed ha interagito con un gruppo di esperti (tra cui il sottoscritto, sul tema delle riforme istituzionali e del processo decisionale dell’UE).

Il risultato di questo processo è un elenco di proposte di eterogenea rilevanza. Limitandoci al sotto-tema (n° 3) della riforma dell’UE, da un lato, il panel ha raccomandato di superare la regola dell’unanimità nel processo decisionale UE (raccomandazione 20), di modificare il nome di Consiglio dell’UE in Senato dell’UE (raccomandazione 15) e di armonizzare le regole elettorali nazionali, con la creazione di liste di candidati transnazionali (raccomandazione 16).

Dall’altro lato, il panel ha altresì avanzato proposte più estemporanee, come la creazione di una piattaforma online ufficiale europea per la verifica delle informazioni (raccomandazione 17), e l’armonizzazione della qualità di vita negli stati membri (raccomandazione 21), inclusa economica (raccomandazione 21). Non sorprendentemente, in aggiunta, il panel cittadino si è espresso a favore di referendum europei (raccomandazione 18) e del voto elettronico (raccomandazione 19).

Nel complesso, l’esito del lavoro dei panel cittadini europei 2, sulle questioni istituzionali, ha messo in luce le difficoltà per cittadini comuni, privi di una previa adeguata conoscenza del complesso funzionamento dell’UE, ad esprimersi con cognizione di causa su temi per definizione tecnici. Nondimeno, l’esperienza empirica ha fortunatamente fugato la preoccupazione che il panel potesse essere preso in ostaggio da forze populistiche euro-scettiche.

In aggiunta, le raccomandazioni del panel europeo mostrano una significativa convergenza con i risultati raggiunti anche nei panel cittadini nazionali. Ad esempio in Francia – lo Stato membro che ha preso più seriamente l’idea della Conferenza sul futuro dell’Europa, organizzando 18 iniziative regionali con 746 cittadini, seguita da una conferenza nazionale – tra le priorità identificate vi sono quella di aumentare la partecipazione cittadina, e l’avanzamento verso una federazione europea.

In particolare, secondo il rapporto finale del 29 novembre 2021, tra i desideri più identificati dai cittadini francesi, vi sono quelli di un’Europa più unita (souhait 5), più democratica (souhait 10), nonché con un sistema di governo più efficace (souhait 11). Da questi obiettivi, sono quindi state avanzate raccomandazioni operative, quali il superamento del principio di unanimità, l’elezione diretta dell’esecutivo europeo, e l’unificazione delle regole elettorali per il Parlamento europeo.

In conclusione, quello che emerge sia dal panel europeo sia da quello francese è l’invito a migliorare l’efficienza e la legittimità dell’UE – incluso attraverso una riforma dei trattati europei, come esplicitamente indicato dalla raccomandazione 20 del panel 2 della Conferenza sul futuro dell’Europa, e ribadito anche del rapporto conclusivo al panel francese (pagina 69), che ha sottolineato la centralità del tema istituzionale nella riflessione dei cittadini.

Questo consenso offre degli interessanti margini d’azione ad alcuni attori istituzionali – specie nel Comitato esecutivo della Conferenza – per spingere a favore di una seria revisione dei trattati europei. Tale prospettiva, peraltro, consentirebbe di costituzionalizzare le conquiste che Next Generation EU ha apportato in materia d’integrazione fiscale, ma altresì di completarle con adeguate correzioni democratiche – come ho sostenuto in un mio recentissimo libro.

I prossimi mesi pertanto saranno fondamentali nell’assicurare che il desiderio di cambiamento proveniente dai panel europei della Conferenza sul futuro dell’Europa non sia dissipato, e che la spinta riformista dell’UE continui. In quest’ottica, come auspica il Presidente della Repubblica, sarebbe utile se anche l’Italia potesse fare sentire in modo più udibile la sua voce europea non solo sulle questioni economiche, come il governo Draghi ha già fatto, ma anche su quelle istituzionali.

*Professore ordinario di diritto dell’UE presso la Dublin City University, in Irlanda, dove è direttore fondatore del Brexit Institute e del Centro d’Eccellenza Jean Monnet REBUILD (‘Recovery of Europe, Budget of the Union: Integration, Law & Democracy’)

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