Revisione del Patto di stabilità e capacità fiscale europea

Revisione del Patto di stabilità e capacità fiscale europea

Alberto Majocchi
   

Commento n. 271 - 4 settembre 2023 

All’avvicinarsi della scadenza del 1° gennaio 2024, data in cui rientrerebbe in vigore, in assenza di una decisione che definisca nuove regole, il vecchio Patto di Stabilità e Crescita – la cui validità è stata temporaneamente sospesa dal Consiglio il 23 marzo 2020 –, si rinnovano interventi per avanzare idee e suggestioni in merito ai possibili contenuti della nuova versione del Patto. Il punto di partenza della discussione è rappresentato dalla proposta della Commissione del 26 aprile 2023 che, in sostanza, mantenendo il vincolo del 3% per il livello di disavanzo, prevede di garantire la sostenibilità del debito dei paesi membri attraverso l’elaborazione di piani fiscali strutturali di medio termine elaborati a livello nazionale in quanto, date le diverse condizioni finanziarie degli Stati dell’Unione, un “one-size-fits-all approach” non può funzionare. La proposta tende quindi a introdurre una sorveglianza basata sulla valutazione del rischio che metta al centro la sostenibilità del debito, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

Questa proposta viene definita “coraggiosa” da Francesco Giavazzi, in un editoriale sul Corriere della Sera del 28 agosto 2023, perché elimina le vecchie regole che avevano un rilevante effetto pro-ciclico, obbligando un paese ad adottare misure di austerità quando l’economia è in recessione, mentre la proposta della Commissione lascia che sia “ciascun paese a proporre tempi e modi per la riduzione del proprio debito pubblico. Salvo poi negoziare tali proposte con Bruxelles”. Su questo punto si sono manifestate opposizioni di segno diverso. Da un lato, il Ministro tedesco delle Finanze Christian Lindner chiede garanzie affinché venga indicato un obiettivo minimo di riduzione annuale del debito; di segno opposto è la critica di chi sostiene che i vincoli sono troppo rigidi – ad esempio, viene mantenuto l’obiettivo del disavanzo al 3% e non viene accolta l’ipotesi di escludere dal calcolo del debito gli investimenti per la transizione ecologica e digitale.

In realtà, dal punto di vista istituzionale l’intervento di Giavazzi mette in evidenza come l’Unione, seguendo questa linea, si stia avviando verso un assetto di tipo federale nel settore fiscale, garantendo la libertà di scelta di ciascun paese, ma sottoponendo le proposte nazionali al vaglio della Commissione. In questa ipotesi, vediamo applicato in embrione il modello elaborato da Kenneth Wheare, che definisce come struttura federale “il metodo di dividere i poteri in modo tale che i governi generale e regionali siano, ciascuno nella sua sfera, coordinati e indipendenti”.

Ma Giavazzi sottolinea altresì come la revisione del Patto di Stabilità e Crescita non possa limitarsi a modificare qualche regola fiscale. “La vera partita è più ambiziosa. E non irraggiungibile. La transizione verde e digitale, così come una difesa europea condivisa, richiederanno fonti di finanziamento comuni, come in parte è avvenuto con il PNRR, perché nessun paese è abbastanza grande per raggiungere questo obiettivo da solo”. In effetti, con l’approvazione di Next Generation EU (NGEU) è stata introdotta una serie di novità di grande rilievo, anche in vista della creazione di una capacità fiscale europea. In primo luogo, è caduto nell’Unione il divieto di ricorrere all’emissione di titoli per finanziare la spesa pubblica. Con la possibilità di finanziare investimenti e riforme con la raccolta di fondi sul mercato (che vale per ora sino alla fine del 2026) viene temporaneamente applicata anche in Europa la golden rule per cui gli investimenti, se finalizzati agli obiettivi della transizione ecologica, digitale e all’inclusione sociale, avendo normalmente una durata pluriannuale, possono essere finanziati con debito.

In questa prospettiva, una proposta per far diventare NGEU uno strumento permanente della politica economica dell’Unione è stata avanzata in un Policy Study pubblicato nel marzo 2023 da FEPS, Friedrich Ebert Stiftung e IEV. L’estensione della validità di NGEU è giustificata in quanto questo strumento ha in realtà come obiettivo “the provision of the financing of European public goods (broadly defined to encompass welfare-enhancing concepts, such as ‘security’ and ‘the environment’) that member states may underprovide, due to lack of resources and/or because of externalities”. In sostanza, una riforma in profondità della fiscalità europea è ineludibile per disporre delle risorse necessarie non solo per garantire il pagamento degli interessi e, a partire dal 2028, il rimborso dei fondi presi a prestito dalla Commissione sul mercato, ma anche per sostenere la produzione di beni pubblici europei, che i paesi membri da soli non sono in grado di finanziare ovvero si rifiutano di produrre in quanto, in presenza di esternalità, debbono sostenerne i costi senza goderne in misura completa dei benefici.

Il tema è ripreso con chiarezza da Mario Draghi nella Martin Feldstein Lecture, tenuta l’11 luglio 2023 a Cambridge (Massachusetts): “Europe’s asymmetric fiscal space – with some able to spend much more than others – is fundamentally wasteful when it comes to shared goals like climate and defence. If some countries can spend freely on these goals but others cannot, then the impact of all spending is lower, since none are able to achieve climate or military security. [Furthermore], issuing more common debt to finance this investment would potentially enlarge the collective space we have available”. Vengono qui sottolineati due punti fondamentali. In primo luogo, la produzione di beni pubblici europei – neutralità carbonio entro il 2050, aumento della spesa militare per garantire la sicurezza con una politica della difesa gestita a livello europeo, controllo delle migrazioni, riduzione dei livelli di diseguaglianza, competizione con gli Stati Uniti e le altre potenze economiche sul terreno dell’innovazione e dello sviluppo delle nuove tecnologie – richiede la messa in comune delle risorse necessarie a livello europeo, in quanto nessun paese è in grado da solo di fornirle e, soprattutto, in quanto si creerebbero enormi differenze fra i diversi paesi a seconda della loro relativa ricchezza.

A queste risorse, su cui si dovrà fondare un’adeguata capacità fiscale europea, si dovranno aggiungere i fondi raccolti sul mercato per finanziare gli investimenti necessari al fine di raggiungere gli obiettivi che l’Unione si è posta e che richiedono la disponibilità, per un lungo arco di tempo, di un enorme ammontare di risorse, che può essere garantito soltanto attraverso l’emissione di debito comune. In termini simili – dopo aver messo l’accento sulla necessità che l’area euro si doti di un titolo “sicuro” che funga da riferimento per stimare il rischio di ogni altro strumento finanziario –, anche il futuro Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, in una dichiarazione riportata dal Corriere della Sera del 31 agosto scorso, ha sottolineato l’urgenza che “il governo UE abbia capacità di spesa, e quindi di indebitamento permanente, che consenta di emettere bond sovrani”.

Revisione del Patto di Stabilità e Crescita per favorire una maggiore flessibilità nel rispetto dell’obiettivo di riduzione del debito, utilizzo dell’emissione di titoli per finanziare investimenti a lungo termine al fine di produrre beni pubblici essenziali come decarbonizzazione, sicurezza e innovazione, nuove risorse proprie per finanziare un bilancio europeo di dimensioni più ampie: questi saranno temi fondamentali che dovranno essere al centro della prossima campagna elettorale europea. Nella nuova legislatura, che avrà prevedibilmente un carattere costituente anche in vista dell’avvio di un ulteriore processo di allargamento, questi temi dovranno essere affrontati nella prospettiva di una riforma dei Trattati, ritenuta possibile – e auspicabile – anche da Mario Draghi nella sua Lecture americana.

*Professore Emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia, membro del Comitato Scientifico del Centro Studi sul Federalismo

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